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Tolone Libera – Parte II

Tornai verso il nostro campo, giusto in tempo per vedere che tutti i miei compagni erano svegli.
Bene, finalmente avrebbero smesso di poltrire.

Molto spesso ero il primo a svegliarmi e sinceramente non era una cosa che riuscivo tanto a digerire.

Ma perchè si stavano tutti preparando con la divisa da parata?
Anzi stavano anche pulendo le loro armi e i Granatieri addirittura lucidavano le loro sciabole.

“Caporale Baudoin, Caporale, a rapporto!”, la voce era quella del Sergente Dumont.
“Questa mattina visita d’ispezione del nostro nuovo Capitano assegnato, è in ritardo Caporale, come sempre, ma questa volta voglio essere magnanimo: ha esattamente sei giri minuti d’orologio per farsi trovare in linea con gli altri Fucilieri! Si muova, in nome della Francia!”.
“Signor si, Sergente!”, risposi d’istinto.
Stetti sull’attenti per gli istanti necessari poi corsi verso la mia tenda, il tempo a disposizione era davvero poco.

Passai come una palla di cannone affianco ai miei commilitoni e mi gettai dentro la tenda mentre già mi stavo spogliando dell’uniforme da ordinanza per infilarmi quella da parata.
Infilai velocemente i pantaloni bianchi avendo cura di utilizzare tutti i passanti per la cintura e poi di allacciare tutti i bottoni, che parevano non finire mai.
Essendo l’uniforme da ispezione, alcuni bottoni erano in oro. Indossai poi la sopravveste bianca e infine il mantello blu scuro con i suoi risvolti bianchi.

Mentre allacciavo i gemelli ai polsi, con lo sguardo cercavo il colletto.
Lo intravidi che spuntava dal baule e forse avrebbe odorato troppo di tabacco.
Gli diedi qualche colpo violento per sbatterlo e cominciai ad abbottonarlo intorno al collo.

Fuori sentivo già il ritmo dei tamburi di marcia, indice che gli altri avrebbero cominciato ad allinearsi.
Mi gettai letteralmente sugli stivali neri, infilandomeli in un sol colpo: era la prima volta che mi succedeva, forse non era tutto perduto.

Bene, infilai il pom-pom arancione che contraddistingueva noi della III Compagnia al mio cappello bicorne e uscii dalla tenda.

Non mi ero reso conto del sole già abbastanza caldo e alto nel cielo, se non avessi avuto i minuti contati direi che sarebbero state già le undici del mattino: nulla a che vedere quindi con la giornata piovosa di ieri.

Avvistai ad una trentina di metri i miei compagni e li raggiunsi di corsa, calandomi il cappello, a circa cinque metri cominciai a tenere un passo di marcia sostenuto in modo da poterli raggiungere senza dare troppo nell’occhio.

Nel rumore della marcia, come mi avesse sentito arrivare, e conoscendolo avrebbe anche potuto farlo, il Sergente Dumont si girò fissandomi con uno sguardo severo ma tutto sommato soddisfatto di avere la Compagnia al completo.
Battè la mano all’altezza del cuore, dove teneva un modernissimo orologio a cipolla portatile, come a farmi capire che ero appena in tempo.

Feci un cenno d’intesa con la testa, poi mi girai a destra, verso Gerard e senza dire una parola, dato che era vietatissimo in parata, agitai la testa come a chiedere “dove stiamo andando?”.

Lui corrucciò la fronte e fece cenno di non sapere nulla.
Come sempre la Fanteria non sapeva nulla, doveva solo marciare e incutere timore al nemico.

Ma era certo che la Francia chiedeva di noi e stavamo rispondendo nel migliore dei modi, con le nostri migliori uniformi e con un ordine che tutte le altre armate ci invidiavano.

Stavamo per unirci alla seconda Compagnia, li riconoscevo dal pom-pom blu e quindi saremo stati in duecento uomini eppure il frastuono era quello di trenta, talmente eravamo coordinati.

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